La Biblioteca Umana a Ruvo di Puglia

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La Biblioteca Umana a Ruvo di Puglia

The Human Library nasce in Danimarca

IL PROGETTO DIFFUSO IN SETTANTA PAESI IN CUI LE PERSONE SI TRASFORMANO IN “LIBRI APERTI”

Qualche tempo fa, prima del lockdown, mi è capitato di conoscere questa bellissima iniziativa da un post condiviso da una cara amica e collega toscana.

Mi è bastato veramente pochissimo per sposare a pieno questo progetto, ed ecco l’evento Zero di Ruvo di Puglia. “Human Library” (Biblioteca Umana) –, sarà accolta dal bar Coffee Room, noto anche come Bar Illy, per 5 sabati, a partire dall’ultimo di Agosto sino all’ultimo di Settembre, dalle 16 alle 18.

Su una tabella, potrete leggere i titoli dei libri disponibili, per poi scegliere e sedersi comodamente, dove si vuole, per raccontarsi e per ascoltare.

Come funziona? Occorre innanzitutto chiedersi se si vuole ascoltare o si vuole “raccontarsi”.

Poi si compila un modulo e il gioco è fatto. Tutto è gratuito. Come in una vera biblioteca, potrai poi avere il permesso di prendere in prestito i “libri” che desideri. I I libri da sfogliare, in questo caso, sono però delle persone, e la lettura consisterà in una conversazione della durata di mezz’ora dedicata al loro “titolo”.

Nick Little è uno dei direttori della Human Library UK e racconta così il perchè di tale iniziativa: «Lo scopo principale del progetto è di cambiare le percezioni pregiudiziali che la società ha di alcune categorie.

Si tratta di un movimento provocatorio che vuole portare la gente fuori dalla propria comfort zone, invitandola a parlare con qualcuno con cui il confronto costituisce una sfida. In quanto organizzatori non suggeriamo mai quale “libro” prendere in prestito, non sappiamo nulla sulla conversazione che si svolgerà. Ci limitiamo semplicemente a facilitare un dialogo che, altrimenti, non si verificherebbe».

Secondo Nick, ovunque ci sarebbe bisogno di una “Biblioteca umana”: «La necessità di un confronto con l’altro esiste in qualunque luogo.

Quello che è interessante è che quando all’inizio indicavamo discriminazione e stereotipi come i motivi per cui organizzavamo questi eventi, le persone si opponevano in massa a quest’affermazione. Non accettavano l’idea che la società in cui viviamo fosse infarcita di pregiudizi, ne negava l’esistenza nell’epoca del progressismo. Negli ultimi anni, invece, ho notato che si è creata una maggiore consapevolezza. Forse anche grazie a noi».

Il primo passaggio, insomma, è quello di riconoscere di possedere un bagaglio di stereotipi che modifica la nostra percezione della realtà esterna: «Avere dei preconcetti non significa che devi necessariamente cambiarli o che sei una brutta persona. Del resto, esistono pure dei pregiudizi positivi a condizionare comportamenti e opinioni.».

In queste iniziativa saranno opportunamente rispettate alcune regole semplici che pronunciano di fronte ai dialoganti i “Diritti del libro e del lettore”: il “libro”, infatti, ha il diritto a non rispondere a determinate domande, ed entrambi hanno la possibilità di fermare la conversazione in qualunque momento.

A molti il limite posto dai trenta minuti potrebbe sembrare eccessivamente ridotto per scardinare una molla del pensiero: «Penso che un contatto prolungato attraverso eventi di lunga durata sia il modo migliore per abbattere il muro dei pregiudizi, ma “la Human Library” usa una formula diversa con uno scopo ben preciso.

Quest’iniziativa non si propone di favorire un legame tra persone che la pensano in modo diverso, ma vuole essere una scorciatoia che permette ai partecipanti di porre delle domande dirette a qualcuno che avverte come diverso. Se organizzassimo un’attività di giardinaggio atta a coinvolgere transessuali e integralisti cattolici per una giornata intera, è forse possibile che questi finiscano per riconoscersi simili, aldilà di ogni etichetta…

Tuttavia, ritengo sarebbe altamente improbabile che il cattolico riuscisse a prendere il coraggio di chiedere all’altro se ha mai pensato di farsi un’operazione per cambiare sesso. Secondo me, il tempo stringato di una mezz’ora è sufficiente a far sorgere dei quesiti e a scatenare uno shock nel “lettore”.

Una volta, per esempio, un signore anziano ha richiesto in prestito il “libro” di un ragazzo gay. Era da poco stata introdotta la legge dei matrimoni tra omosessuali, e quest’uomo affermava di avere delle difficoltà ad accettare un’unione di questo tipo. Alla fine della conversazione, però, il signore è tornato indietro per ringraziarci e ha dichiarato di non aver cambiato idea, ma di aver capito di dover scendere a compromessi con il mondo che stava cambiando, e che l’amore tra due persone dello stesso sesso era qualcosa di possibile».

Ci si potrebbe chiedere se l’utilizzo di alcuni titoli-pregiudizi non ostacolino l’avvicinamento tra “lettore” e “libro”: «Il “titolo” di ogni libro è fabbricato come una provocazione, tesa a suscitare una reazione. Il risultato che vorremmo ottenere è che il “lettore”, alla fine della conversazione, consideri l’etichetta irrilevante. Abbiamo pensato a lungo a come presentare la nostra lista di “titoli”, valutando anche di usare delle parole insensate che non alludessero per nulla alla persona che vi stava dietro, o di creare un catalogo in cui inserivamo una piccola descrizione dei libri-persone e della loro problematica.

Poi, però, ci siamo accorti che era necessario mostrare con chiarezza l’argomento della conversazione che si sarebbe svolta. Inoltre, abbiamo compreso quanto fosse importante che, al momento delle presentazioni, l’unica cosa nota ai partecipanti fosse solo il “titolo”, il pregiudizio. In questo modo avremmo dato ai “lettori” la possibilità di pensare prima all’etichetta e poi alla persona che convive con quell’etichetta, separandole di netto».

La “Human Library”, inoltre, è suddivisa allo stesso modo di una vera biblioteca: oltre all’area di lettura/conversazione e allo sportello informativo, esiste infatti la zona chiamata “Bookshelf” (Libreria), in cui i “libri” attendono di essere presi in prestito. È lì che si mescola una realtà molteplice e viva di soggetti che desiderano condividere la propria esperienza e correggere il giudizio altrui, raccontando la propria storia.
«In effetti, lo spazio della “Libreria” offre spunti di riflessione altrettanto significativi per il progetto Human Library. Chiunque penserebbe che chi ha vissuto episodi di discriminazione si trovi nella condizione di empatizzare più facilmente con persone che soffrono, o hanno sofferto, situazioni simili, ma non è assolutamente così. Ciò che resta è che questo spazio è comunque di grande confronto.

Secondo il direttore dell’iniziativa, questa biblioteca fatta di persone è un tentativo di riconoscere l’esistenza di pregiudizi e di lentamente smantellarli, ma non può eliminare del tutto un problema che è sociale e, in definitiva, umano: «Questo progetto agisce direttamente sul campo della diversità ed è l’unica attività che conosco ad essere davvero inclusiva. Le persone che hanno vissuto esperienze terribili diventano attivisti e si muovono per un cambiamento sociale, che riguarda loro stessi e gli altri. Ma la discriminazione è insita nella natura dell’uomo e penso sia difficile che questa, un giorno, scompaia».

 

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